@Tamagotchi
Diobo' ancora?
Nemmeno due settimane fa. Non che abbia mai smesso di fare post contro la comunità trans, ma questo è il più recente. Una donna trans, stupratrice seriale, è stata posta in un carcere femminile. Questa ha approfittato del fatto che stiamo parlando di una stupratrice, una persona chiaramente terribile, per attaccare la minoranza di cui fa parte. Quindi perché esiste R. Kelly dovremmo tutti demonizzare le persone di colore. Perché esiste Woody Allen dovremmo tutti demonizzare gli ebrei. Scherziamo?
La signora Rowling si è dimenticata a quanto pare del fatto che tutti possono essere stupratori, non solo gli uomini. Donne cis, uomini trans, donne trans, persone non binarie... chiunque può essere un predatore sessuale. Ma no, quello è solo, come è solita chiamarle lei, "un uomo travestito".
È innegabile che ce l'abbia proprio con le persone trans, e voglia muovere guerra a questa comunità. E mi fa girare il cazzo che persone come lei, che usano la loro fama e il loro successo per promuovere odio e informazioni ignoranti, siano addirittura acclamate o difese. Questa si è vista un paio di puntate di South Park, tipo quella in cui Cartman si finge trans per cagare nel bagno delle ragazze, e ha pensato di aver capito tutto.
E la cosa agghiacciante sono le testate giornalistiche italiane (e non solo) che la difendono, e demonizzano il "politicamente corretto". Quindi è giusto chiamare le donne trans "uomini travestiti". È giusto indignarsi perché qualcuno cerca di far sentire più inclusi gli uomini trans, che hanno le mestruazioni. Ed è giusto approfittarsi di una criminale per ribadire l'esclusione a cui questa signora sottoporrebbe tutta questa categoria di persone. Sono tutte parole che questa povera donna, paladina della biologia e della "donna tradizionale", ha espresso, e che andrebbero difese. Complimenti.
Come spesso accade, non penso che un post di questo tipo porterà a qualche tipo di reazione, se non negativa, ma non mi interessa. Certe volte c'è proprio bisogno di sfogarsi, dopo l'ennesima volta che ci si sente indirettamente negare la propria identità.